Il concerto sinestetico. Musica, profumo, immagine | Stagione 2025 XIV edizione

Fotografie d’autore

Le arti in dialogo, ancora una volta.
Una antica come la musica e una recente come la fotografia, insieme nel concerto sinestetico: una sorta di vortice di suoni, profumi e immagini.
Ogni volta diverso, ogni volta avvolgente perché dipinge nuovi scenari mentali ed emotivi per fermarsi, riprendere il respiro e poi ripartire.
Per creare istanti d’oro. Associare per astrazione scatti fotografici e spartiti dei concerti è un gioco d’azzardo che si fonda su una lunga storia di convivenza tra un oggetto visivo e un oggetto sonoro che ha lasciato tracce profonde perché sono strettamente collegati da un rapporto percettivo, mentale, artistico e culturale.
In questi appuntamenti ospiteremo foto di fotografe e fotografi che ci aiuteranno ad alimentare questa unione proficua.

Maria Sabina Berra

 

 

 

 

Domenica 11 maggio | L’essenza del tango | B.A.M.A.S. tango quintet

Jill Mathis, Caterina de’ Medici
© Jill Mathis

Fluttuano in equilibrio fragile i corpi sui tacchi. Anche per creare le forme sinuose del tango: linee sottili ai piedi di donne che lo danzano traducendo in movimento quei suoni aspri e dolci, fluidi e ipnotici. Un appoggio difficile, ma fermo per quelle gambe dritte e forti nell’immagine della fotografa texana Jill Mathis. Nessuna perfezione, anzi. Sono scarpe usate, come la vita di chi le indossa e quella di tutti noi – ecco perché ci attrae. Affiancate da una inconsueta e intrigante composizione di forchette: oggetto centrale delle nostre abitudini quotidiane.
Come lo è il tango per gli argentini: è la loro identità e le loro radici.
Maria Sabina Berra

Jill Mathis è cresciuta in Texas. Dopo aver vissuto cinque anni a New York, durante i quali è stata l’assistente di Ralph Gibson, si è successivamente trasferita in Piemonte. Da anni lavora a una sequenza fotografica che ha come soggetto la ricerca etimologica. Alla sua opera sono dedicate diverse monografie ed è stata inclusa in molti libri e riviste di fotografia tra cui American Photo, Elle Decor e Marie Claire. Espone regolarmente in Europa e in America e le sue opere sono presenti in collezioni pubbliche e private tra cui quelle del Whitney Museum of American Art e del Jewish Museum a New York, e quella di Riva Yachts/Ferretti Group in Italia.

 

 

©Jill Mathis, Caterina de’ Medici

 

 

 

Domenica 8 giugno | Sfumature manouche |  Davide Parisi Trio

Nicola Righetti, Manouche
© Nicola Righetti

Il mazzo di fiori ha per gambi delle chitarre, che si intrecciano a violini e archetti. Un assemblaggio floreale un po’ sui generis, pronto a fiorire ogni volta che questi strumenti a corda vengono presi in mano, uno per uno, e messi a suonare insieme. Come accade nella musica manouche: una sintesi viva di generi musicali che portano con sé il sapore della storia, quella fumosa e fertile dei café parigini degli anni Trenta. Come spesso succede nelle mescolanze, anche qui nasce una piccola rivoluzione: ritmi incalzanti, stacchi improvvisi e swingate travolgenti non lasciano stare fermi. È la musica del popolo sinti che incontra il jazz swing americano e il valzer musette francese, creando un linguaggio unico e trascinante. Ed è proprio questa fusione che l’assemblage fotografico di Nicola Righetti riesce a raccontare. Il fotografo, nei suoi ultimi lavori, costruisce scenari fatti di oggetti in dialogo: che siano torri di ciminiere, resti di fabbriche dismesse o – come in questo caso – strumenti capaci di creare musica.
Maria Sabina Berra

Nicola Righetti nasce nel 1965 e cresce in Pianura Padana tra il Polesine, Verona e Milano. Proprio a Milano si forma come fotografo, e qui esercita la professione da quasi quarant’anni. L’editoria di moda – nei primi venticinque anni – e, a seguire, la ricerca artistica e il lavoro per l’e-commerce d’abbigliamento sono state le sue principali passioni. “Alcune collaborazioni mi hanno cambiato la vita, e oggi ricordo con particolare affetto quelle con Gruner+Jahr/Mondadori, Ipnosesudio e Collectiveconcrete.” (www.nicolarighetti.it)

 

 

©Nicola Righetti, Manouche

 

Domenica 13 luglio | Kalpa Vriksha. Racconti di danza indiana Fusco – Grilli

Maria Vittoria Backhaus, In studio. Milano, 1997
© Maria Vittoria Backhaus

Quanti potrebbero essere gli alberi dei desideri? Infiniti. Se ognuno di noi si mettesse a disegnare il proprio. Si tratta di un’iconografia che viaggia nel tempo e attraversa le culture: in molte sono considerati sacri o magici, a loro si attribuiscono riti propiziatori per la realizzazione di sogni.
Ho scelto una foto, In studio. Milano, 1997 ipotizzando che siano degli alberi dei desideri della contemporaneità sommersa dalla eccessiva “necessità” del superfluo. Anche se, a volte, bellissimo. Sono il piccolo bosco di palme nello scatto di Maria Vittoria Backhaus, la fotografa che ha rivoluzionato il modo di raccontare la moda con uno sguardo critico, ironico e un’inesauribile fantasia. Una sorta di giardino delle delizie, nel quale sono mollemente sdraiati dei viaggiatori – arrivati o in partenza – vestiti con un’eleganza stravagante e raffinatissima, in un momento di ozio quasi incantato. È un’immagine con scenografie surreali per le messe in scena silenziose e barocche della fotografa. Qui gli oggetti sono attori di recite inconsuete, ravvivate da colori forti accostati con un grande coraggio che ottiene uno stile di un gusto straordinario e stravolgente.
Maria Sabina Berra

Maria Vittoria Backhaus nasce a Milano nel 1942. Studia scenografia all’Accademia di Belle Arti di Brera. Inizia la sua carriera nella seconda metà degli anni Sessanta come fotoreporter. Negli anni Ottanta collabora con L’Uomo Vogue, Casa Vogue e si specializza in still life, moda e di design. Le sue fotografie sono state pubblicate su Vogue, L’Uomo Vogue, Casa Vogue, Case da Abitare, Abitare, Io Donna.

Le opere di Maria Vittoria Backhaus sono disponibili presso Alessia Paladini Gallery, Milano, www.alessiapaladinigallery.it

 

 

©Maria Vittoria Backhaus_Milano, 2006_Courtesy Alessia Paladini Gallery

 

 

Domenica 14 settembre | Note e colori con Erik Satie Duo Ondine

Margherita del Piano, Bioconservazioni (2013–19)
© Margherita del Piano

Conservare per tramandare, per tenere vivo o per fare memoria.
La vegetazione nelle immagini di Margherita Del Piano sono mille fiori, foglie, bacche, arbusti, erbe selvatiche, piante diverse racchiuse in camei di ghiaccio.
Ma in questo caso è calore, non è gelo.
Perché è protezione.
Le sue Bioconservazioni sono oggetti di biodiversità.
Lei li ha raccolti, li ha congelati e fotografati.
Per noi e per chi verrà dopo.
Come uno strano mazzo di fiori che è un amore per la natura nelle sue diverse forme.
Un paesaggio immaginario delicato e surreale che dialoga con le composizioni del concerto, che ripercorrono quaranta anni di musica francese ispirata alla natura, con particolare attenzione alle sonorità di Erik Satie nel centenario della sua morte.
Maria Sabina Berra

Margherita del Piano è fotografa e artista. Il suo lavoro esplora i temi del paesaggio e della presenza delle tracce della produzione e del consumo di massa. Le sue opere sono state esposti in spazi pubblici e privati. Vive e lavora a Milano. (www.margheritadelpiano.com)

 

 

© Margherita del Piano, Bioconservazioni (2013–19)

 

 

Domenica 12 ottobre | Il Labirinto dei sensi Duo Gomas-Radaelli

Tahmineh Monzavi, Cold Soil Red Soil

Untitled, 2018

© Tahmineh Monzavi / Courtesy Podbielski Contemporary, Milan

 

Il labirinto è un universo di possibilità narrative: le pièces de caractère  non vogliono creare un immaginario lineare, ma farci smarrire tra percezioni differenti, dove i sensi vengono continuamente ingannati.
Così la fotografia scelta in dialogo con questo concerto mostra un paesaggio dai colori fortemente contrastanti, in cui siamo invitati a riconoscere, quasi a indovinare, una tonalità. Si tratta di uno scatto del progetto Cold Soil Red Soil della fotografa iraniana Tahmineh Monzavi, realizzato nel 2018 tra l’isola di Hormuz, nel sud dell’Iran, e Longyearbyen, la città più settentrionale del mondo, nelle isole Svalbard —quelle che vediamo nella foto.
Due luoghi lontanissimi tra loro, ma accomunati dai meravigliosi disegni della natura, che hanno attratto l’artista spingendola a indagarli e ritrarli.
“Fin dall’inizio – afferma Tahmineh Monzavi – sapevo che non avrei imparato molto seguendo il rigido programma universitario di fotografia, poiché il sistema forniva solo risposte standard a domande già poste, mentre io mi concentravo su ciò che restava senza risposta. Mi chiedevano: invece di tutte queste fotografie cupe e sgradevoli, perché non catturi la natura o i fiori?”

Maria Sabina Berra

Tahmineh Monzavi, nata nel 1988 a Teheran, ha scelto invece di narrare il mondo attraverso le sue ferite. Ha iniziato la carriera professionale come fotografa documentarista nel 2005, dando voce ai ghetti di Teheran e raccontando la vita nascosta delle donne senza fissa dimora e delle persone transessuali.

(www.podbielskicontemporary.com) (www.tahminehmonzavi.com)

 

 

 

 

© Tahmineh Monzavi / Courtesy Podbielski Contemporary, Milan

 

 

 

Domenica 9 novembre | Che si può fare? La Venezia di Barbara Strozzi | Bolcato-Remer ensemble

Giornata di prove di Anna Bolena di Gaetano Donizetti al Teatro alla Scala con la regia di Luchino Visconti, Milano, aprile 1957

Fotografia di Angelo Novi – Publifoto
23,50 x 18,10 cm
© Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo

Un incontro tra rivoluzionarie.
Ho scelto una fotografia tratta dall’Archivio Publifoto, conservato da Intesa Sanpaolo, che ritrae Maria Callas, per accompagnare le musiche della compositrice e cantante secentesca Barbara Strozzi, perché entrambe sono state figure antesignane nei rispettivi ambiti.
La Divina ha rivoluzionato l’opera lirica, trasformandola da semplice esecuzione vocale in un’esperienza teatrale e drammatica. Il soprano veneziano, invece, si è affermata come compositrice professionista in un’epoca in cui per una donna intraprendere questa carriera era difficile, se non impossibile.
Callas fu un’interprete capace di incarnare i personaggi che portava in scena: il regista Luchino Visconti affermò che tutte le future interpretazioni sarebbero state influenzate dalla sua Violetta ne La Traviata.
Barbara Strozzi a sua volta era richiesta in tutta Europa e viaggiava come i grandi musicisti uomini del suo tempo. Svolgeva un doppio ruolo, quello di compositrice e interprete delle proprie opere, affermando con il suo talento una voce femminile autonoma e moderna.

Maria Sabina Berra

 

Fotografia di Angelo Novi – Publifoto 23,50 x 18,10 cm
© Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo